Fragilità e Forza: Le Lezioni della Chiocciola

 
Proteggimi


E tu, graziosa chiocciola, nomade della Natura, a proteggerti hai solo il tuo piccolo e fragile guscio.

Nella tua fragilità sei fortunata però; trascorri la giornata nei luoghi più ameni della Terra: sonnecchi nella gialla corolla di un fiore, osservi il mondo da uno stelo, resti ancorata alla fredda rete metallica di un campo, dormi serena dondolandoti su una spiga di grano.

 
Tutta la tua vita è raccolta in una spirale perfetta, perfetta come l’ordine del Cosmo di cui sei parte. Il candore del tuo guscio risalta tra l’erba alta e fitta; immobile, nel tuo sconfinato regno, trascorri la vita con estrema semplicità, non hai pensieri, tu.
 
Può capitare però che il tuo delicato nido malauguratamente si rompa, ma Madre Natura ti ha dato la capacità di rigenerarti. Lì, dove il tuo guscio è rotto o crepato, tra qualche tempo, strato su strato, se ne formerà uno nuovo. Sei paziente, non hai mai fretta, tu. 

 
E noi esseri umani cosa abbiamo per difenderci se non che il nostro cuore e la nostra mente? Siamo emotivamente scoperti dalla nascita: non abbiamo protezione alcuna contro le ferite da parole d’astio, da sguardi carichi di disapprovazione, da delusioni, illusioni e false divinità schiaviste.
 
Impreparati, disarmati e sprovvisti di un luogo sicuro dove poterci sempre riparare, siamo costretti a costruirci una labile barriera di sabbia, che col passare degli anni diventa mura di cinta; e noi, dall’alto della nostra torre, osserviamo il mondo indossando una più che coriacea armatura.

 
A quel punto, nel bene e nel male, siamo impenetrabili, nulla – all’apparenza – più ci tange: ci sentiamo forti con le nostre protezioni in lega di risentimento, invidia e superbia. Finalmente, anche noi esseri umani, come te, lumachina, possiamo nasconderci nella nostra casetta, ma non ci sono amabili fili d’erba né gialle corolle.
 
Ci chiudiamo in noi stessi, convinti di non soffrire più con il nostro guscio addosso, ma la realtà è che siamo sempre più indifesi e soli.
 

Caramelle al crepuscolo

Il crepuscolo è una caramella all’orzo; ne ha lo stesso colore ambrato. Lo gusto come quella caramella dolce ma dal retrogusto amaro. E come quella caramella il crepuscolo mi è dolce perché preludio al silenzio e alla calma della sera, ma allo stesso tempo amaro in quanto segna la fine di un altro giorno di vita. 

L’ho vissuto degnamente? Non è andato sprecato, vero? Come lo zucchero, quel giorno andrà via via sciogliendosi per sempre per non tornare più.  
Ho fatto del mio meglio? Ho dato quel che potevo dare oppure ho lasciato le ore scorrere come sabbia in una clessidra?
Non dovrei neanche chiedermelo. Dovrei dare per scontato – e accettare il fatto – che ogni giorno trascorso sulla Terra non è scontato, e anche se quel giorno, o quei giorni, sono semplicemente esistita, si è trattato pur sempre di un giorno di vita in cui non tutti gli esseri hanno avuto il privilegio di assaggiare la caramella del crepuscolo. Gratitudine.
E poi il sole se ne va cedendo il trono del cielo alla Luna e alle sue ancelle stelle.
E cala il silenzio come un pesante sipario di velluto blu sulla Terra. Il tanto agognato silenzio! Bramato durante il giorno frenetico che non lascia spazio alla riflessione e al viaggio silenzioso nel sé più intimo. 
Ho, abbiamo, bisogno di fermarci e di fermare l’attimo, concederci il tempo di scartare la caramella e sentirne lentamente la consistenza e il gusto sulla lingua. 
È un momento per sé, quello, da ricordarsi afferrare e proteggere anche quando la luce del sole e il trambusto del mondo sembrano non lasciarci scampo: fai, vai, muoviti e non fermarti!
Fermati, respira e rientra in te, nell’attimo presente! Fallo anche per due minuti, non aspettare sempre il crepuscolo!
E quando questo arriva e l’ingranaggio del mondo si arresta, non pensare al domani ché del domani non vi è certezza. 

Tu scrivi anche di notte

Tu scrivi anche di notte,

perché di notte non dormi mai
La frase è tratta dalla canzone, Una città per cantare del cantautore nostrano Ron.

Si adatterebbe ancor meglio a me – anche se anch’io, come il protagonista della canzone, spesso mi trovo a scrivere i post di notte -, se al posto di scrivere ci fosse il verbo editare.

La notte appartiene agli amanti, ma oltre alle persone si può letteralmente la propria passione, che nel mio caso, inutile dirlo, è la fotografia.

Ed è così che giornate intense tra casa, bambini e cane, culminano in serate in cui la carezza del cuscino è la più confortante e confortevole del mondo.

Poggio quindi la testa sul soffice guanciale e immagino una lunga notte di riposo, ma non sempre va così…- anzi, quasi mai – perché nel cuore della notte mi sveglio e credo che, nonostante gli occhi assonnati, sia il momento giusto per dedicarmi all’editing delle foto.

La notte silenziosa non porta solo consiglio, ma soprattutto la calma e la pace richiesti per queste attività.

Posso concentrarmi al massimo, nella notte profonda: nessuna interruzione, nessuna distrazione. Sono solo io, le parole e le immagini.
Sebbene tutto sia immobile e addormentato, dalla finestra aperta odo qualche auto sfrecciare lontana, ma la notte appartiene alle creature della notte: uccellini, ricci, gatti… ed adesso che siamo in estate, grilli canterini.

Tuttavia, le palpebre lentamente si abbassano di nuovo e il sonno torna a farsi sentire: questa volta non mi ribellerò ad esso.

Dormo un po’, quel che basta per ristorarmi. Non è ancora l’alba che già osservo il cielo grigio perla e ascolto la Natura che pian piano si risveglia.

È un altro di quei momenti da non lasciarmi sfuggire per dedicarmi alla fotografia! La casa dorme. Anche il cane, accovacciato sotto il letto, non ha richieste.
Tra i primi rombi delle auto e le chiacchiere della strada, la giornata pigramente prende vita.

Tra poco dovrò abbandonare momentaneamente il mio piccolo spazio creativo per occuparmi dei bambini, della casa e del cane.