Io e la mia solitudine: una storia di riconciliazione
La solitudine: compagna temuta, evitata, spesso fraintesa. Per anni l’ho combattuta, cercando di sfuggirle, ma più la respingevo, più diventava parte di me.
Questa poesia racconta il mio viaggio: un conflitto nato tra paura e rifiuto, una battaglia silenziosa combattuta tra lacrime e silenzi. Ma nel buio, tra le note di una melodia familiare, ho trovato un varco.

Lì, tra musica e ricordi, la mia solitudine ha smesso di essere una nemica. È diventata una presenza, poi un’alleata, infine un’amante.
Se hai mai sentito il peso della solitudine, se hai lottato contro di essa senza riuscire a liberartene, forse questa poesia potrà parlarti.
Buona lettura

Io e la mia solitudine
abbiamo fatto pace.
Siamo diventate amanti,
complici, alleate.
Ci cerchiamo spesso,
come innamorati
nell’euforia dell’incontro.
Ci piace trascorrere il tempo insieme,
gelose l’una dell’altra.
Camminiamo mano nella mano
mentre la Natura ci osserva,
un uccellino sul ramo di un albero.
Siamo una cosa sola
e facciamo invidia al mondo.
Perché amarla è amare me stessa.
Un amore conquistato
tra graffi e lacrime,
follia e rabbia.
Ma i nostri polsi
erano legati da sempre,
da quel sottile filo rosso
invisibile, indivisibile.
Un destino scritto
sulla riva dell’oceano
da chissà chi,
in una mite giornata settembrina.
Da quel giorno in poi,
quante ne abbiamo passate!
Sconosciute eppur legate.
Nel novantatré,
i primi timidi sguardi.
Io non la volevo,
ma ero troppo debole per combatterla.
Si è presa tutto:
i sorrisi, l’allegria pura,
i balli, le scenette,
le smorfie e i vestiti colorati.
Mi ha lasciato un guscio vuoto,
trascinato qua e là,
senza meta, senza vita.
Lo ha reso coriaceo,
sempre più pesante.
Ti odiavo, ti odiavo
alla follia, solitudine mia!
Ma nell’abisso di quell’oceano,
dove l’acqua è pece
e la vita ridotta a fantasma,
c’era la musica.
Hai silenziato tutto e tutti,
ma non il mio canto.
Lui reclamava la vita
al calar del sole.
E la musica mi capiva.
In lei morivo e vivevo
ogni notte.
Combattevate strenuamente,
in quella giostra medievale,
e in palio c’ero io,
regina del regno del niente.
Il tempo passa,
i colori sbiadiscono
come una fotografia lasciata al sole.
Non è più tempo di guerra.
L’abitudine a te, solitudine mia,
è mutata in amore.
E ti vengo a cercare
e mi cerchi a tua volta,
come amanti bendati
al suono di un madrigale.

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