Un viaggio tra ricordi, natura e libertà: le parole di una madre per insegnare empatia, creatività e coraggio ai propri figli.
Continua a leggereThe Flower Power Mom: una madre tra natura, ricordi e libertà

Un viaggio tra ricordi, natura e libertà: le parole di una madre per insegnare empatia, creatività e coraggio ai propri figli.
Continua a leggereDai negozi di giocattoli agli auricolari Airpods è un attimo
I figli crescono velocemente, senza che noi genitori ce ne accorgiamo. Crescono e cambiano giorno dopo giorno, e anche noi, volente o nolente, dobbiamo crescere con loro.
Continua a leggereNon so se esista – sì, esiste, come si evince dal titolo! – un nome specifico per la fobia che sto per raccontarti, ma per me era reale quanto l’aracnofobia (paura dei ragni) o la musofobia (paura dei topi e ratti).
Essendo legata a un insetto, potremmo semplicemente classificarla sotto l’ombrello dell’entomofobia (dal greco éntomon, insetto, e phóbos, paura).
C’è un piccolo angolo del mattino
dove i pensieri si fanno parole.
La casa dorme,
tutto è immobile,
tutto è silente.
Quel momento è mio.
Davanti alla tazzina di caffè
sfilano ricordi,
riflessioni,
idee bizzarre,
gioie e rimpianti.
Non mi curo dei capelli arruffati,
non scelgo maschere.
Ho il volto che ho,
nudo, sincero,
e non devo nasconderlo.
Sono io,
seduta in riva a una tastiera,
a pescare parole
tra pause e silenzi.
Le righe fluiscono,
s’infrangono,
riprendono il loro corso.
Passa una barchetta,
carica di cose:
giocattoli, vestiti,
aggeggi e trucchi,
ori e riviste,
ricordi e VHS.
La guardo allontanarsi,
lasciando spazio a sogni:
lavande provenzali,
nuvole sul Sudamerica,
boschi da attraversare,
abbracci di chi c’è
e forse di chi arriverà*.
In questo angolo di giorno
mi racconto
a occhi sconosciuti
che non incontreranno mai i miei.
Un solipsismo agrodolce
che mi svela ciò che ero
e ciò che sono.
E scrivo.
* L’autrice si riferisce ai nipoti.
Ci sono state notti dove le ore
erano lunghe e pesanti,
tende di velluto
di un teatro deserto.
Alla finestra, il mondo:
un crogiolo di luci,
di vite vissute davvero,
mentre io aspettavo solo
che il vento portasse
buone nuove
o mi portasse via.
Ma la Luna,
lì, a guardarmi,
custodiva i miei segreti
indicibili,
mentre la musica,
fedele compagna,
dava voce ai giorni
dove libera cantavo
e alle notti
in cui componevo.
Alcune notti
avrei voluto danzare
nel vortice degli scheletri,
che, fermandosi un attimo,
ti trascinano via
nella loro danza infinita,
dove l’alba muore per sempre,
uccisa dalle stelle.
Ora, sulle notti delle ore,
è sceso il sipario.
Il sole è risorto,
Il teatro vuoto.
Sul palco, una signora
spazza via i coriandoli
di una festa silenziosa,
mentre fuori avanza il giorno,
e la vita si rinnova,
Con risa bambine
ed eterni abbracci.
Le parole d’amore sono parole,
d’amore, ma non sono Amore.
Amore ha bisogno di termini per definirsi,
ma si rivela attraverso
l’ascolto che non giudica,
l’aiuto offerto senza interesse,
la vicinanza silenziosa,
lo sguardo pieno di compassione,
le mani calde che si stringono,
le lacrime che trovano rifugio su una spalla,
la fiducia,
il perdono,
la comprensione.
Amor che ha amato
anche l’amor negato, perdona.
Amore non chiede nulla,
se non di essere accolto.
Amore non trattiene, non limita,
non impone, non ricatta.
Cammina accanto all’amato,
lo sorregge, ma non lo soggioga.
Ama l’amato per ciò che è:
non si limita ad accettarlo, lo valorizza.
Con amore si percorre un pezzo di strada insieme, e, se necessario, lo si lascia volare.
Amore conosce i confini e li rispetta;
non li travolge, e sa quando farsi da parte.
Amore parla con le parole più dolci
che tu abbia mai sentito.
Eppure, se resta solo parola,
Amore non è.
Questo poemetto nasce dal desiderio di raccontare la notte attraverso gli occhi di un riccio, creatura timida, affascinante e ancora poco conosciuta.
Con gesti semplici e immagini evocative, ho cercato di mostrare la sua vita silenziosa, fatta di piccoli passi, odori fiutati e momenti di quiete.
È un piccolo invito a rallentare, a osservare ciò che spesso passa inosservato, a ritrovare la bellezza nella semplicità.
Spero che queste righe ti portino un po’ di quella pace che solo la Natura, nel suo ritmo eterno, sa regalare.
Quattro minute zampette
sorreggono un corpo
tondo e tozzo.
Il crepitío delle foglie
preannuncia la sua
visita notturna.
Musetto aguzzo ed esploratore
sul sentiero di terra e sassi,
scopre i profumi della Natura.
Veloce, eppur goffo,
il riccio si pone in cerca
di cibo e d’acqua.
Giunge ad una fonte,
trae fuori la linguetta
e si disseta.
Volge il capo,
annusa l’aria
e, traballando,
si pasce di ció che trova.
Una crocchetta,
indi un’altra
e un’altra ancora.
Il giardino altro non è
che un vasto luna-park.
Tra la luce fievole dei faretti
passeggia indisturbato:
non vi sono pericoli
qui al rifugio.
Al calar del sole
quiete e pace,
silenzio e vite fugaci
animano la notte.
La bestiola
torna a sfamarsi
poi si arresta.
Due piccoli spilli,
gli occhi,
osservano curiosi
il giardino.
Un breve giro intorno alla ciotola,
e poi ancora un sorso d’acqua.
Egli basta a se stesso,
non cerca compagnia.
Vita errabonda e solitaria;
la sua dimora
una catasta di legna
tra le sterpaglie.
Giunge l’alba:
è ora di andare a dormire.
La picciola palla di aculei
troverà quiete per tutto il giorno.
Anima mansueta
nel carosello vorticoso
del mondo.
Vestito di tenebra,
attenderà nuovamente
il chiarore delle stelle
sul sentiero argenteo di luna.
Tutte le foto presenti nell’articolo sono state scattate nel mio giardino, dove, da circa tre anni, i ricci – nome scintifico Erinaceus europaeus – trovano un piccolo paradiso.
Ami gli animali e le loro storie? Seguimi su Instagram per scoprire le avventure dei ricci, e dei tanti altri ospiti speciali di Yellow Beak Animal Shelter! Ogni post è un’occasione per entrare nel loro mondo e vivere insieme a loro momenti unici e dolcissimi. Ti aspetto per condividere insieme questa passione!
The opening
Era la notte dell’11 agosto 2023 quando aprii il blog e promisi a me stessa che questa volta sarei stata costante con la pubblicazione dei post.
Ci ho provato, ma non è sempre andata così… O meglio, ho iniziato con il piede giusto e poi non ho più dato la priorità alla scrittura perché, come spesso accade, mi lascio trascinare da mille diverse attività che durano il tempo dell’emozione di averle iniziate: svanita tale emozione, l’interesse crolla a picco per iniziare qualcosa di nuovo.
Tra gli hobby di quest’anno annovero: la costruzione di casette in legno per animali, l’uncinetto (in realtà mai iniziato!), la pittura ad acquarello e l’hand-writing.
Poi ci sono i classici intramontabili tra cui la fotografia e la lettura.
Trovo sempre un alibi, una scusa per giustificare un’incostanza di base, un’incontenibile voglia di provare qualcosa di nuovo, di mettere alla prova le mie capacità, o più semplicemente di dare un senso alle giornate allontanando la noia. Perché la noia porta alla creatività, e io di idee creative ne ho forse fin troppe…
Non dovrei essere così severa con me stessa! Sicuramente avere tanti interessi è più che positivo, sebbene dispersivo; dico solo che vorrei innamorarmi di un’attività, portarla avanti e padroneggiarla.
Il tema centrale del post era il compleanno del blog: com’è che sono finita a parlare di hobby e costanza?
Ah, giusto, l’alibi del tempo… Ecco, oltre a quello c’è l’horror vacuii del foglio elettronico!
Che scrivo? Per chi lo scrivo? L’argomento sarà troppo banale e quindi è meglio attendere l’illuminazione per un articolo poetico e profondo oppure è necessario sfornare “qualcosa”, qualunque cosa, per far sapere ai lettori- quali? – che l’autrice è ancora viva e vegeta?
Narcisismo? Umano e comprensibile bisogno di affermare la propria presenza sulla Terra? Perché altrimenti si scrive, si fotografa, documenta, etc…se non che per lasciare un segno del proprio passaggio ai presenti e ai posteri? Io c’ero in quel momento, ero lì e questo scritto/fotografia è la mia testimonianza!
Se una volta tuttavia questa testimonianza era appannaggio di scrittori e fotografi, adesso tutti noi, più o meno gratuitamente, grazie – o purtroppo – ai social network possiamo lasciare la nostra traccia, ma soprattutto, siamo in grado di condividerla in tempo reale con il mondo.
Spesso mi chiedo se ciò che scrivo, filmo e fotografo potrà essere interessante per qualcuno… Poi mi consolo, che pur trattandosi di un monologo, sicuramente lo lascerò in eredità ai miei figli, che avranno (forse) un ricordo quotidiano della loro mamma.
Ok,post lungo e un po’ confuso, ma siamo a Ferragosto, quindi, tanta carne al fuoco ci sta pure!
Torno a casa da un caldo e afoso pomeriggio di luglio. Entro in camera e questa è inondata dall’ avvolgente luce del tramonto. Tutto è investito dai toni dell’arancione e del rosa.
Come avrei mai potuto trovare me stessa se non mi mai fossi persa? E mi sono persa tante e tante volte nella vita… Camminavo su una strada che non era la mia, ma era l’unica che conoscessi. Sulle spalle uno zaino di corda riempito di sassi, ai piedi i pesanti stivali di un’armatura medievale. La testa leggera, il cuore pieno di sogni e gli occhi di lacrime. Un grido di voglia di liberazione bloccato in gola come in quegli incubi in cui urli disperato, ma il suono è ovattato come in paesaggio innevato. No, non era nemmeno ovattato, era completamente assente.