Poi, all’improvviso, qualcosa cambia.
Il mio cuore si scalda quando vedo quelle piccole codine muoversi.
Sono lì, accovacciati sul muretto, fermi come piccole statue che aspettano solo me.
Giornate Strambe: Quando Sei Te Stesso ma Non Sai Chi Sei

Poi, all’improvviso, qualcosa cambia.
Il mio cuore si scalda quando vedo quelle piccole codine muoversi.
Sono lì, accovacciati sul muretto, fermi come piccole statue che aspettano solo me.
C’è un piccolo angolo del mattino
dove i pensieri si fanno parole.
La casa dorme,
tutto è immobile,
tutto è silente.
Quel momento è mio.
Davanti alla tazzina di caffè
sfilano ricordi,
riflessioni,
idee bizzarre,
gioie e rimpianti.
Non mi curo dei capelli arruffati,
non scelgo maschere.
Ho il volto che ho,
nudo, sincero,
e non devo nasconderlo.
Sono io,
seduta in riva a una tastiera,
a pescare parole
tra pause e silenzi.
Le righe fluiscono,
s’infrangono,
riprendono il loro corso.
Passa una barchetta,
carica di cose:
giocattoli, vestiti,
aggeggi e trucchi,
ori e riviste,
ricordi e VHS.
La guardo allontanarsi,
lasciando spazio a sogni:
lavande provenzali,
nuvole sul Sudamerica,
boschi da attraversare,
abbracci di chi c’è
e forse di chi arriverà*.
In questo angolo di giorno
mi racconto
a occhi sconosciuti
che non incontreranno mai i miei.
Un solipsismo agrodolce
che mi svela ciò che ero
e ciò che sono.
E scrivo.
* L’autrice si riferisce ai nipoti.
Ci sono state notti dove le ore
erano lunghe e pesanti,
tende di velluto
di un teatro deserto.
Alla finestra, il mondo:
un crogiolo di luci,
di vite vissute davvero,
mentre io aspettavo solo
che il vento portasse
buone nuove
o mi portasse via.
Ma la Luna,
lì, a guardarmi,
custodiva i miei segreti
indicibili,
mentre la musica,
fedele compagna,
dava voce ai giorni
dove libera cantavo
e alle notti
in cui componevo.
Alcune notti
avrei voluto danzare
nel vortice degli scheletri,
che, fermandosi un attimo,
ti trascinano via
nella loro danza infinita,
dove l’alba muore per sempre,
uccisa dalle stelle.
Ora, sulle notti delle ore,
è sceso il sipario.
Il sole è risorto,
Il teatro vuoto.
Sul palco, una signora
spazza via i coriandoli
di una festa silenziosa,
mentre fuori avanza il giorno,
e la vita si rinnova,
Con risa bambine
ed eterni abbracci.
Le parole d’amore sono parole,
d’amore, ma non sono Amore.
Amore ha bisogno di termini per definirsi,
ma si rivela attraverso
l’ascolto che non giudica,
l’aiuto offerto senza interesse,
la vicinanza silenziosa,
lo sguardo pieno di compassione,
le mani calde che si stringono,
le lacrime che trovano rifugio su una spalla,
la fiducia,
il perdono,
la comprensione.
Amor che ha amato
anche l’amor negato, perdona.
Amore non chiede nulla,
se non di essere accolto.
Amore non trattiene, non limita,
non impone, non ricatta.
Cammina accanto all’amato,
lo sorregge, ma non lo soggioga.
Ama l’amato per ciò che è:
non si limita ad accettarlo, lo valorizza.
Con amore si percorre un pezzo di strada insieme, e, se necessario, lo si lascia volare.
Amore conosce i confini e li rispetta;
non li travolge, e sa quando farsi da parte.
Amore parla con le parole più dolci
che tu abbia mai sentito.
Eppure, se resta solo parola,
Amore non è.
Torno a casa da un caldo e afoso pomeriggio di luglio. Entro in camera e questa è inondata dall’ avvolgente luce del tramonto. Tutto è investito dai toni dell’arancione e del rosa.
E tu, graziosa chiocciola, nomade della Natura, a proteggerti hai solo il tuo piccolo e fragile guscio.
Il crepuscolo è una caramella all’orzo; ne ha lo stesso colore ambrato. Lo gusto come quella caramella dolce ma dal retrogusto amaro. E come quella caramella il crepuscolo mi è dolce perché preludio al silenzio e alla calma della sera, ma allo stesso tempo amaro in quanto segna la fine di un altro giorno di vita.
L’uva è ormai quasi matura. Tra non molto nei vigneti inizierà la vendemmia; dopo qualche tempo ancora l’aria profumerà di mosto.