
Era circa la metà di marzo del 2024 quando un pettirosso fece la sua comparsa nel mio giardino. Poco dopo, arrivarono due tortore dal collare e poi una gazza. Ogni giorno trovavano cibo e acqua a loro disposizione, e per me era una gioia vederli beccare tranquillamente sul prato.
Negli anni precedenti, a farmi visita erano stati i ricci, ma per un anno e mezzo non ne avevo più visto neanche uno. Per attirarli nuovamente, decisi di costruire una casetta ben camuffata, sperando che vi trovassero rifugio. Non andò proprio così: continuarono a preferire le loro tane, ma tornarono comunque in cerca di cibo. Ogni notte, ad attenderli, c’erano crocchette per gatti e acqua fresca.
Dalla telecamera di sorveglianza osservavo le loro buffe avventure (link al video) notturne : queste goffe pallette di aculei, dalla vista poco sviluppata, annusavano qua e là, inciampavano nelle ciotole, si scontravano e si incontravano tra loro. Fu proprio così che nacque la mia passione per questi piccoli mammiferi, purtroppo a rischio di estinzione.

Dare un nome significa affezionarsi

Ogni giorno, gli uccellini tornavano puntuali. A poco a poco, iniziai a dare loro dei nomi: Willy, il pettirosso; Tip e Tap, la coppia di tortore dal collare; Ezio e Laura, i merli; Meg, la gazza ladra. Anche i ricci avevano il loro nome: Flo, Bert/Berta e Lynn.
Proprio Lynn, grazie al rifugio, è stata salvata da una morte quasi certa. Quando arrivò a Yellow Beak, pesava solo 320 grammi: troppo pochi per sopravvivere all’inverno. Sentivo che dovevo e potevo salvarla. Così, una notte, aspettai che si avvicinasse in cerca di cibo, la presi con i guanti e la avvolsi in una coperta di pile.
La sistemai in una casetta di fortuna in bagno, con una borsa dell’acqua calda per tenerla al caldo. Era terrorizzata, ma al sicuro. Avrebbe trascorso l’inverno con noi fino alla primavera. Tuttavia, le cose presero una piega diversa. Mio marito contattò subito un CRAS e Lynn fu seguita settimanalmente dalla signora Claudia. Recuperò peso – doveva raggiungere almeno i 400 grammi – e venne poi trasferita in un centro di pre-ambientamento per il ritorno in natura.
A gennaio, Lynn e un altro riccio salvato ritrovarono la loro libertà.
La nascita di Yellow Beak Animal Shelter

Con l’arrivo della gazza, serviva più spazio per la sua lunga coda e per evitare conflitti territoriali. Il rifugio si spostò così da sotto l’oleandro all’ombra del liquidambar. Gli ospiti gradirono il cambiamento e io cercai di rendere l’area sempre più accogliente:
✔️ Costruii una mangiatoia con tetto per proteggere i semi dalla pioggia
✔️ Realizzai una nuova casetta di legno per i ricci, la cosiddetta “villa”
✔️ Sistemai legni trovati lungo il fiume come trespoli per gli uccelli
Willy si affezionò talmente tanto a un ramo che decisi di inciderci il suo nome a caldo.

A quel punto, il rifugio meritava un nome.
Durante una passeggiata lungo l’Adige, mi imbattei in un ramo scolpito dall’acqua, a forma di testa di oca. Mi sembrò perfetto! Volevo un nome dal respiro internazionale, così scelsi Yellow Beak Animal Shelter, il Rifugio Becco Giallo.
Da quel giorno, quella testa d’oca divenne la mascotte di un piccolo paradiso terrestre: un rifugio per la fauna selvatica, un impegno quotidiano che, persino durante le vacanze estive, ha richiesto l’aiuto dei nonni per essere mantenuto in vita.

Un piccolo universo perfetto
Mi piace pensare a Yellow Beak Animal Shelter come a un universo nell’universo, un angolo di mondo perfetto, senza guerre né dolore. Qui, quando c’è cibo e spazio per tutti, gli animali convivono pacificamente. Vedo specie diverse alternarsi per mangiare e bere, senza litigare.
Fosse così facile anche per noi umani!
Per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di rispettare la natura e, se possibile, di aiutarla, ho deciso di raccontare questa piccola isola di serenità sui social.
📷 Instagram: @yellowbeakanimalshelter
🎥 YouTube: @annalisa_annaturepic
📝 Blog: annatureblog.wordpress.com
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